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Martedì, 06 Maggio 2025

Il gioiello italiano nel 2025, tra dazi e oro alle stelle

Il gioiello italiano nel 2025, tra dazi e oro alle stelle

Nel 2024, il comparto orafo, argentiero e gioielliero italiano ha continuato a viaggiare sull’onda del trend emerso a fine 2023, consolidando un export in crescita.

Lo confermano i dati elaborati dal Centro Studi di Confindustria Federorafi su base Istat. Le esportazioni del settore hanno toccato quota 15,5 miliardi di euro, registrando un incremento di oltre il 41%. Un risultato spinto dalle quotazioni elevate dei metalli preziosi – l’oro è salito del +23% e l’argento del +21% – ma anche dalla performance della Turchia, che da sola rappresenta il 34,5% dell’export, pur coinvolgendo meno del 3% delle aziende italiane del settore. 
L’import, al contrario, ha subito una contrazione dell’8,1%, portando il saldo commerciale del comparto a 13,2 miliardi di euro, in crescita del +55,9% rispetto al 2023. Ma se si osservano i dati al netto delle fluttuazioni di prezzo, la situazione appare meno brillante: in termini di quantità, l’export della gioielleria da indosso è cresciuto appena dello 0,7%, e senza il “peso” della Turchia (in crescita del +150% nei volumi) il segno sarebbe negativo. 

Guardando ai principali mercati di sbocco, dopo la Turchia si collocano gli Stati Uniti, con 1,4 miliardi di euro e una flessione del -6,6%, seguiti dalla Svizzera, in calo del -15,1%, segnale di un rallentamento nel segmento lusso. Gli Emirati Arabi Uniti guadagnano invece terreno con un +10,6%, mentre la Francia chiude la top five.

A livello nazionale, Arezzo domina la classifica dei distretti export con un balzo del +119,3% e 7,7 miliardi di euro, grazie proprio ai flussi verso la Turchia. Seguono Vicenza (+14,9%) e Milano, che precede Alessandria. Napoli e Caserta segnano una crescita marginale dell’1%. Claudia Piaserico, Presidente di Confindustria Federorafi, conferma che i numeri sono in linea con le previsioni, ma avverte: la crescita è gonfiata dall’aumento delle materie prime, e in quantità siamo appena sopra i livelli del 2023. Il vero nodo, però, sono i dazi USA: “L’escalation tariffaria, con il rischio concreto che si passi dal 10% al 25-28% a partire dal 9 luglio, potrebbe frenare il settore. 
Le PMI, che costituiscono la quasi totalità delle 7.000 aziende del comparto, non possono reggere questi livelli di pressione”. Questo perché la materia prima può incidere fino al 90% del prezzo finale di un gioiello, quindi un dazio sul valore totale impatterebbe in modo sproporzionato sui margini aziendali.

L’effetto sul mercato statunitense potrebbe essere controproducente. Una semplice catenina da 5 grammi in oro 18kt, oggi venduta a circa 440 dollari, potrebbe salire a 640 per garantire gli stessi margini all’impresa italiana: un aumento del 45%, difficilmente sostenibile per il consumatore medio americano. Confindustria Federorafi ha attivato un dialogo con il Governo italiano e il Ministero degli Affari Esteri, nella speranza che l’azione diplomatica e nuovi strumenti di supporto possano attutire il colpo. Perché il rischio concreto è che il gioiello italiano, apprezzato per qualità e stile, diventi troppo caro anche per uno dei suoi mercati più affezionati.

Antonella Reina, Editor VO+

 

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