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Giovedì, 04 Giugno 2020

THE TALK: Il Business Riparte dal Negozio

THE TALK: Il Business Riparte dal Negozio

Partiamo dalla prossima apertura di un punto vendita Piero Milano a Tokyo. Il negozio fisico si sta rafforzando?
L'apertura di Tokyo è in fase di completamento. Saremo a Ginza, vicino a Harry Winston, una posizione molto strategica. Per il resto ripartiremo dall'Europa centro-nord, Francia, Svizzera e Germania, e poi gli Usa, un mercato che negli ultimi quattro anni per noi è cresciuto molto. Superata questa grave emergenza, è probabile che diventi il nostro primo mercato con una distribuzione a macchia di leopardo. Quello statunitense è un mercato con il quale abbiamo ripreso quattro anni fa, ma non lavoriamo con i department store perché sono un tipo di cliente che per essere profittevole deve essere seguito in grande, con un quantitativo di prodotto importante. Supportiamo le vendite con trunk show stagionali e andiamo a premiare clienti. Il mercato americano ha comunque un prezzo medio di acquisto più alto rispetto a Europa e Giappone. Per farle un esempio, in Europa il girocollo fantasia è difficile da vendere, mentre negli Usa è molto più facile perché ci sono ancora le occasioni.

Attività produttiva riavviata ma spostamenti ancora limitati, per con un'industry votata soprattutto all'esportazione. Un problema?
Il lockdown ci è servito soprattutto per mantenere vivo e costante il rapporto con i clienti, al di là ovviamente dell'emergenza che siamo stati costretti ad affrontare. Nonostante la chiusura, ho continuato ad andare in azienda per le chiusure amministrative, ero molto abbattuto ma poiano piano abbiamo ricominciato, ho fatto ripartire la macchina. Ma senza viaggio non funziona. Il B2B online a mio avviso è una chimera. Ci stiamo provando, ma è lontano dall'essere un supporto vero per il fatturato. Il cliente vuole vedere e toccare. Senza negozio fisico non si va da nessuna parte, non c'è il business.

Come gestite gli ordini, nel rispetto delle procedure di safe business?
Oggi ci sono delle evidenti difficoltà fisiologiche perché il cliente non può ricevere più di due persone. Bisogna strutturarsi per lavorare anche in pausa pranzo, per esempio. Ma le cose non sono ferme, si evolvono di settimana in settimana, ma se non torniamo alla normalità non possiamo tornare come prima. Le faccio un altro esempio anche legato alle fiere. Ci sono problematiche più immediate, legate alla logistica dell'incontro. Per servire il cliente dobbiamo essere in due e la fiera ha un'importanza fondamentale. Per noi circa 6 e 7 milioni di costo di prodotto lo facciamo vedere in fiera. Se non c'è la fiera dove porto il cliente? Devo fare dei meeting, ma non ho la forza di un grande brand.

Avete colto opportunità da questa chiusura forzata?
Siamo aziende che rincorrono il quotidiano. Per fare innovazione ci vuole energia ossia personale disponibile che ci si dedica. Se sei impegnato nel quotidiano è difficile. Ora abbiamo avuto tempo per farlo perché in un momento di difficoltà devi mettere a posto le cose che non vanno.

Cosa vuol dire fare innovazione per Piero Milano?
Innovazione vuol dire cambiamento, sia come proposta, sia come rivedere l'approccio a tutto tondo, dall'amministrazione al prodotto.

Chi è il cliente migliore e come si gestisce la problematica legata alla forte oscillazione del prezzo dell'oro?
Il cliente con cui lavoriamo meglio è quello che prende l'iniziativa e propone il prodotto, senza aspettare la richiesta. È colui che riesce a intercettare il bisogno e a instaurare un rapporto di fiducia con il consumatore finale. Noi lavoriamo più con un gioiello in diamanti rispetto al prodotto in oro che data l'altalena dei prezzi è più difficile da gestire, presenta una complessità maggiore. Sicuramente, oltre a lavorare sul cartellino che va riprezzato, bisogna studiare un prodotto nuovo in base al prezzo. Rispetto a quanto facevamo una volta, i nostri gioielli ora sono molto più leggeri, anche perché consideri che un grammo d'oro di differenza va a incidere di circa 200/300 euro sul prezzo al pubblico finale.

Come vede la ripresa della gioielleria italiana?
La gioielleria italiana sarà sempre in vantaggio rispetto a determinate categorie. L'avversario cinese non credo possa avvantaggiarsi ulteriormente. Consideriamo la questione dei dazi. Se io per esportare devo pagare il 20-30% di dazio sull'oro e loro il 2% non c'è modo di fare business. Quello che chiedo è rispetto non aiuto. Soprattutto quando c'è un concorrente come la Cina. Il dazio va bene ma deve essere umano. Siamo in un momento di reset e aperti a compromessi, ma un conto è il compromesso un conto le barriere che non possiamo gestire. Faccio riordini tutti i giorni, ma devo ancora presentare le nuove collezioni. Oggi i buyer sono ancora molto scettici, ma le cose possono cambiare giorno dopo giorno.

Intervista di Federica Frosini, Editor in Chief VO+
Intervista di Lorenza Scalisi, Senior Editor VO+
Intervista di Antonella Reina, Editor VO+

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